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La guerra di Erdogan contro le donne curde

Ascolta l’intervista a tre compagne del Dipartimento delle donne di Sur-Amed, sotto coprifuoco di 24 ore imposto dal governo turco dall’11 dicembre scorso (ornai 74 giorni), una prigione a cielo aperto.

Leyla, Rojda e Parwin, che abbiamo incontrato a dicembre 2015 in Germania, ci hanno raccontato che nella guerra contro la popolazione curda, il governo turco ha deciso di prendere di mira soprattutto le donne, per la loro capacità di resistenza e per il loro portato rivoluzionario, come sosegno per tutta la comunità.
L’abbiamo sentito anche nella presentazione del secondo volume del libro di Sakine Canzis: le donne curde sono un esempio per tutto il popolo.
Dimostrazione ne è anche ciò che è successo alle copresidenti delle 8 regioni in cui è stato proclamato il Confederalismo democratico dopo le elezioni di giugno 2015: sono state tutte arrestate, ma grazie al dialogo che è continuato con le altre compagne fuori, che le vanno a trovare in carcere ogni settimana, il processo politico non è stato interrotto.

Le compagne ci hanno anche raccontato del livello di presa di coscienza che hanno tutti i curdi e le donne in particolare, delle differenze e similitudini tra il femminismo e la lotta delle donne curde, dei campi profughi gestiti dalle autonomie curde e quelli gestiti dal governo turco, in cui tutti sanno che l’Isis fa proselitismo e addestra giovani.
Infine hanno risposto alle nostre domande sull’agenzia di stampa di donne Jinha, di come funziona e degli arresti delle giornaliste (diciamo che essendo noi un gruppo di donne che fa radio da tanti anni, ci colpisce molto questo livello di organizzazione per la diffusione della controinformazione che hanno le donne curde!).

 

Ecco il testo dell’intervista con le compagne curde del Dipartimento delle donne di Sur, Amed

(Kassel, 29 dicembre 2015)

 

Mi chiamo Leyla, sono coordinatrice del dipartimento delle donne per lo sviluppo delle politiche femminili. Mi occupo delle politiche di genere di tutta la municipalità di Sur (il centro storico di Amed/Diyarbakir). Dopo l’annuncio del confederalismo democratico sono state aperte tre sezioni all’interno del dipartimento: una che lavora contro la violenza sulle donne, un’altra dedicata all’educazione e la terza per sostenere economicamente le donne curde a Sur.
Il modello di queste politiche è cooperativo. Aiutiamo le donne a produrre insieme in un sistema comunitario.

 

Mi chiamo Parvin, anche io lavoro nel dipartimento delle donne per lo sviluppo delle politiche femminili a Sur. Anche io sono un’insegnante nella scuola libera del Kurdistan, anche la mia scuola sta a Sur. Insegno storia in lingua curda. Inoltre faccio parte del movimento delle donne curde.

 

Mi chiamo Rojda e sono insegnante, lavoro nel dipartimento delle donne con Leyla. Nel governo locale, c’era un centro educativo e lavoravo lì. Dopo l’annuncio del confederalismo democratico, il centro è stato trasformato in una scuola, una delle cosiddette “scuole libere del Kurdistan”. Insegno letteratura in lingua curda.

 

Mi chiamo Hemk, lavoro all’università, sono un’assistente di ricerca, sono curda, sono Alawita. La mia famiglia viene da Siwaz, che è una città nella regione di Dersim, ma i miei nonni sono immigrati ad Ankara dopo il massacro contro gli alawiti da parte dello stato turco. Sono nata ad Ankara dove vivo. Non so il curdo, per cui tradurrò per voi dal turco all’inglese.

 

Dopo la proclamazione del confederalismo democratico nel Kurdistan turco, l’inizio della guerra civile di Erdogan contro i curdi, come sta cambiando la situazione per le donne?
La guerra che Erdogan ha iniziato dopo luglio ha messo le donne curde in una situazione molto difficile. Sono le donne il principale obbiettivo della guerra in Kurdistan. La guerra é direttamente focalizzata contro di loro. Ogni giorno le donne curde fanno esperienza di molti problemi. Da luglio fino a novembre 53 donne sono state uscisse durante gli attacchi delle forze dell’esercito turco. Le donne, non solo vengono uccise, ma sono costrette a confrontarsi con violenze psicologiche, fisiche, sessuali da parte delle forze militari dell’esercito turco, della polizia, dei paramilitari presenti nella regione. Ci sono due esempi significativi: uno riguarda una donna incinta che é stata uccisa dell’esercito, dopo averle sparato, i militari hanno fatto fuoco sul suo ventre per uccidere anche il bambino; l’altro caso riguarda una donna di 57 anni, che é stata uccisa per strada e il suo corpo è rimasto lì per sette giorni perché il marito e il fratello del marito non potevano raggiungere il corpo, quando ci hanno provato anche loro sono stati uccisi. Quindi sono state uccise tre persone in tutto. Questo è il lato negativo della guerra contro le donne curde, ma c’é anche un lato positivo.
Il lato positivo è che le donne curde stanno resistendo, così come fanno da molti anni. Prima di tutto sono stati creati dei gruppi di resistenza di donne, specialmente a Sur, nel centro storico di Diyabakir. Questi gruppi sono sul fronte, stanno combattendo contro l’esercito turco e sono composti da civili, non da guerrigliere. Sono le abitanti di Sur che stanno combattendo contro l’esercito turco, non sono guerrigliere provenente delle montagne o da altre regioni, sono le persone della regione. E le donne sono al fronte, usano le armi come gli uomini. A volte, al fronte, durante i combattimenti, il numero delle donne può essere molto maggiore di quello degli uomini. C’é anche un gruppo che si chiama WDGJ, cha fa parte dell’organizzazione mista del WDP e del PKK. Poi c’é un gruppo di studentesse, soprattutto universitarie, che si chiama “dem gench”: non stanno fisicamente al fronte, non partecipano ai combattimenti, ma partecipano alla lotte da un punto di vista politico, economico e sociale. Ci sono anche le Madri per la pace che portano avanti una resistenza pacifica da molto anni, da 10-15 anni, e provano a fare da scudo umano durante i combattimenti e provano a intrecciare connessioni e a costruire la base per la pace e la fine dei combattimenti.
Erdogan e anche Daesh hanno dichiarato che le donne curde sono pericolose, lo sanno. Le donne curde sono il meccanismo significativo della società curda. Capeggiano la lotta, la resistenza. Erdogan ha pianificato di distruggere la resistenza delle donne curde per riuscire a mettere fine alla resistenza della società curda, perché la resistenza della società curda è basata sulla resistenza delle donne curde. Sia Erdogan, sia Daesh lo sanno molto bene e per questa ragione prendono di mira le donne curde e provano ad attaccarle da tutti lati, fisico, psicologici, sociale, economico. La guerra ha molti aspetti. Quello principale é concentrato sulle donne curde nelle regioni del Kurdistan.
Inoltre, contro la guerra di Erdogan, ogni donna curda prova a realizzare la sua propria autodifesa. Ogni donna curda, nella vita quotidiana, al lavoro, a casa, in ogni posto, in ogni momento prova a realizzare la propria autodifesa.

 

È qualcosa di cui tutte le donne curde sono coscienti?
La società curda è altamente politicizzata. Non solo gli uomini, ma anche le donne sono molto consapevoli delle politiche di Erdogan, delle loro condizioni, della guerra.
Per questo, certo non al 100%, ma 90 o 95% le donne curde sono consapevoli delle politiche di Erdogan e delle condizioni della guerra, lo sanno davvero e sanno di dover concretizzare la loro propria autodifesa, perché la salvezza delle donne può essere realizzata solo con le loro proprie mani. La resistenza, la salvezza, la vera libertà può solo essere realizzata dalla lotta delle donne e loro lo sanno molto bene. Forse anche la lotta degli uomini le potrebbe liberare, ma non sarebbe una totale libertà. Per una totale libertà e salvaguardia le donne devono fare per loro stesse. lo sanno bene e per questo motivo in Kurdistan c’é un uomo e c’è anche una donna, al fronte, nella guerra, in casa, ovunque. Sì, praticano tutto ciò anche nella guerra, ogni giorno.

 

Che tipo di lavoro femminista fate?
Per le donne curde, il femminismo è un movimento rivoluzionario e progressista. Un punto che differenzia il femminismo dal movimento delle donne è che la guida è un uomo, Abdullah Ocalan, che è il fondamento delle idee e del pensiero del movimento delle donne curde. Il suo sistema ideologico è la base per tutti movimenti curdi e anche per il movimento delle donne curde. Anche la ginologia, la scienza delle donne, proviene delle idee di Abdullah Ocalan. Ha ideato e sistematizzato questa scienza, perché ha detto che le donne sono il cuore della società e per questo ci deve essere una scienza che appartenga alla donne, cosa che non è mai esistita finora. Ma ci sono differenze significative con il femminismo, perché il femminismo è un movimento che non può accettare le idee degli uomini come suo fondamento.
Nella pratica però ci sono molte connessioni tra femminismo e movimento delle donne curde. Per esempio, ci sono le accademie per le donne. Le accademie sono dei centri di donne in cui si fa formazione su differenti materie, per esempio su politica, economia sociale, vita biologica, come allevare i figli, ecc. Ci sono molte formazioni e incontri. Le donne possono incontrarsi tra loro e discutere molte cose che riguardano la loro vita, la politica e ogni altra cosa in Kurdistan. Queste istituzioni sono solo per donne. In Kurdistan, le donne provano a utilizzare questo istituto in un modo benefico. Nel movimento delle donne curde, in Rojava, a Kandil, in tutte le regioni c’è un movimento progressista e rivoluzionario, che è qualcosa di unico e molto differente dagli altri movimenti di donne in tutto il mondo. Sono contro il patriarcato, contro la repressione, conte l’oppressione da parte degli uomini, dello stato, di altri poteri politici o relazioni di potere nelle loro vite, ma non ignorano gli uomini durante le loro lotte, non li mandano via dalle loro battaglie, provano a costruire una vita libera e uguale. Il movimento delle donne curde suggerisce che una vita libera debba essere nella lotta sia delle donne, sia degli uomini. Ma non con quegli uomini che hanno una mentalità patriarcale. Il movimento delle donne curde prova a trasformare gli uomini, la mentalità degli uomini, trasformare la vita quotidiana, la politica, a trasformare gli uomini e anche le donne (perché le donne possono trasformare loro stesse, così come gli uomini). In questo modo, come risultato di questa trasformazione la vita delle donne sarà ecologica e libera, implicherà la libertà delle donne e la libertà di tutte le persone, non solo uomini e donne, ma anche lesbiche, gay e individui trans.
Tutte le libertà individuali posso essere il risultato di questa trasformazione da entrambe le parti, maschile e femminile. Questo è il punto cruciale del movimento delle donne curde. In ogni istituzione, associazione, organizzazione in Kurdistan c’è un dipartimento delle donne. Con la co-presidenza in ogni dipartimento c’è un organizzazione di donne. Le donne possono scegliere le donne che le governeranno, che parleranno per loro. Solo le donne possono scegliere le donne e votare per le donne. Nel misto, le donne votano sia per le donne, sia per gli uomini. Per esempio, se si devono eleggere 7 rappresentanti 4 di loro devono essere donne. Questo è obbligatorio. Se invece si devono eleggere 10 persone, 5 saranno donne e 5 uomini. Le donne possono votare gli uomini, ma gli uomini non possono votare per i posti dedicati alle donne. Le donne possono concorrere ad ogni selezione, gli uomini solo nelle selezioni miste.

 

Ok avete detto che le donne possono vivere fuori dalla famiglia, se lo vogliono. Vorrei sapere anche se questa è una cosa che avviene: nella realtà, ci sono donne che vivono da sole o con altre donne?
Certo, stiamo parlando di donne curde. E tu fai questa domanda?! (ridono).

 

Volevo capire se è qualcosa su cui tutti concordano, ma poi nella pratica nessuna lo fa…
Certo, è normale. Nel Kurdistan turco ci sono differenze tra le città e le campagne, tra piccole e grandi città. In Turchia una donna a volte può incontrare alcune difficoltà quando fa delle scelte contro la famiglia tradizionale. La cultura turca è difficile per le donne. Ma le donne curde sono veramente liberate. Per esempio, una ragazza di un villaggio se vuole andare all’università o si vuole sposare con il suo fidanzato lo può fare, oggi non subisce più delle pressioni. Nel passato sì, c’erano più pressioni sulle donne. Ora possono scegliere il loro stile di vita. Stiamo lottando per questo. Se le libertà non potessero realizzarsi veramente nel quotidiano, perché saremmo lottando? Solo a parole?! No, tutto ciò deve essere concretizzato nel quotidiano.

 

Vorremmo sapere di più sugli arresti delle copresidenti. Le donne hanno conquistato molto spazio pubblico con il confederalismo democratico, ma molte Co-Presidenti sono state arrestate. Com’è la situazione ora? Quelle che sono state arrestate sono state sostituite da altre donne?
Tutte le co-presidenti nel confederalismo democratico sono state arrestate, tutte! In 8 regioni: Sur, Cizre, Silopi, Batman, Nusaybin e altre. Ora sono tutte in carcere ad Ankara, nella prigione di Sinjan, e sono insieme. Sono state sostituite da altre donne provenienti dalle assemblee dei governi locali, che erano le vice copresidenti. Ogni settimana, ogni lunedì le vice copresidenti vanno ad Ankara, entrano in prigione e vanno a fare visita e a parlare con le copresidenti. Il processo quindi è ancora in atto, attraverso gli incontri e il dialogo in prigione: discutono di politica. Poi le vice copresidenti tornano nelle loro regioni e portano le proposte, suggerimenti, idee e opinioni delle compagne in carcere. Le loro proposte vengono discusse e votate dei parlamenti regionali e discusse all’interno dell’intera comunità e nelle assemblee locali.
La copresidente di Sur è stata arrestata mentre era nel suo ufficio e quando è stata rilasciata le hanno vietato di continuare a fare il suo lavoro di copresidente. Questo non è successo alle altre copresidenti non sono state prese mentre erano al lavoro, come è successo per esempio a Batman.

 

L’accusa è di terrorismo?
Sì, di terrorismo e di portare avanti politiche contro lo stato, costituire uno stato all’interno dello stato attraverso il confederalismo democratico, secondo l’articolo 301 del codice penale turco. È un articolo molto famoso in Turchia che viene da anni applicato contro i curdi, viene imputato a molte persone, anche le attiviste del Kjk vengono arrestate con questa accusa, anche giornaliste/i, donne e uomini politici e civili.

 

Parliamo un po’ della situazione dei rifugiati. Che differenza c’è tra i campi profughi gestiti dal governo turco e quelli gestiti dai curdi? È vero che miliziani dell’Isis vengono addestrati nei campi turchi?
Ci sono due tipi di campi profughi, quelli gestiti dal governo turco e quelli gestiti dalle municipalità curde. Nei campi di Erdogan ci sono persone provenienti dalla Siria, vivono isolati, non possono uscire, né nessuno può entrare. La gente per uscire ha bisogno di un permesso e la vita è gestita secondo la regole fissate dal governo, il governo non sostiene le condizioni di vita dei rifugiati, che non hanno diritti sociali, vivono in estrema povertà e in pessime condizioni. Per questo motivo, soprattutto lungo il confine con la Siria, la poligamia e in aumento, e anche il lavoro sottopagato, e la prostituzione. Per esempio vicino al confine sono comparsi molti laboratori tessili, dove lavorano arabi siriani in condizioni molto povere. Alcuni di loro vengono dai campi profughi e possono uscire solo per andare a lavorare in questi posti di sfruttamento, ricevono il permesso per uscire solo per andare a lavorare in questi lavoratori, o per le donne per andare a prostituirsi. In questi campi possono vivere solo arabi. Daesh addestra i propri miliziani in questi campi, giovani uomini siriani o arabi sono addestrati da Daesh e poi vengono mandati a fare la guerra in Siria, o vengono mandati in Turchia. Questo fatto è noto in Kurdistan.
Nei campi curdi, i campi gestiti dai governi locali curdi, le amministrazioni municipali sostengono la gente che è rifugiata nei campi. Nei campi curdi ci sono gli ezidi, che sono i curdi cristiani provenienti da Iraq e Siria. Ci sono tre campi a Diyarbakir, a Batman e a Nussaybin. In quello di Diyarbakir ci sono 3.000 ezidi, di cui 2.500 sono donne. Nei campi profughi gestiti dai curdi i governi locali danno un’istruzione ai bambini e alle donne, forniscono elettricità, acqua, acqua potabile, organizzano attività sociali e istruzione. I curdi assicurano tutti i diritti sociali e i servizi sociali per i rifugiati che vivono in questi campi. I curdi provenienti dalla Siria non vivono nei campi rifugiati, ma sono ospitati dai parenti, o gli vengono date delle case con il supporto dei governi locali. Ma si sono stabiliti da noi per un breve periodo e poi molti di loro sono tornati in Siria, in Rojava, per costruire il proprio paese e la propria vita.

 

Che significa solo per arabi? Sono mussulmani? Vengono addestrati da Daesh e poi possono uscire dai campi, possono muoversi? È chiaro che il governo turco sa che questi uomini addestrati da Daesh escono dai campi?
Sì. Il governo turco sa molto bene che Daesh addestra i suoi miliziani nei campi. Il governo turco accetta solo arabi mussulmani sunniti nei campi, non gli sciiti e gli alawiti. Erdogan e il suo governo sono veramente contro gli alawiti. Per questo motivo i siriani alawiti non vengono in Turchia, vanno in Iran, soprattutto in Libano, perché lì ci sono campi sciiti. In medio oriente tutti sanno che la Turchia e Daesh lavorano insieme.

 

Dopo la liberazione di Shengal sono state trovate molte fosse comuni, dove erano seppellite le donne anziane, cioè maggiori di 40 anni. Si sa qualcosa di nuovo sulle giovani donne ezide rapite? Alcune di loro sono ancora vive, sono riuscite a scappare dai rapitori del Daesh?
Le giovani donne e le bambine Ezide sono state rapite da Daesh, stuprate e vendute. A Diyarbakir c’è un’organizzazione che sta tentando di ritrovarle, raggiungerle e liberarle. E sono riuscite ad aiutare alcune donne a fuggire da Daesh. Ci sono anche donne ezide che sono riuscite a scappare da sole da Daesh e sono venute in Kurdistan e il movimento delle donne curde sta cercando di aiutarle ad affrontare le conseguenze delle violenze subite.

 

Parliamo dell’agenzia di stampa di donne Jinha: come funziona e che tipo di repressione subisce?
Due giornaliste di Jinha sono state arrestate, una è stata rilasciatal’altra è ancora in carcere, , ma l’agenzia non ha mai chiuso perché sono in molte. Lavorano in collaborazione con varie donne giornaliste della stampa curda. Inoltre Jinha lavora in collaborazione con il dipartimento delle donne di Ozgur gundem, o con altre organizzazione della stampa. Ozgur gundem è un giornale curdo molto famoso, è il principale giornale curdo, che esiste da 30 anni. Da quando è nato c’è una redazione di donne. In Jinha ci sono circa 50 donne che collaborano, quindi ora 49 di loro sono libere! Non ci sono uomini, tutte le lavoratrici sono donne e tutti i lavori sono fatti dalle donne.
Lavorano in cooperazione con la stampa curda e anche con la stampa di tutto il mondo. Se volete stabilire una connessione con loro, vi possiamo dare i contatti.

 

Volete mandare un messaggio prima di salutarci?
Tutte le donne devono unirsi e prendersi per mano. In tutto il mondo, tutte le donne devono sostenersi l’una l’altra. Il nostro punto cruciale in questo momento è il Kurdistan e le donne curde. Per questo vi chiediamo di sosteneteci.

Posted in I muri abbattuti diventano ponti, Parapiglia, Rojava: rivoluzione delle donne.